Gli Ambienti Abitativi

Secondo Piano

Gli ambienti in cui vi trovate costituiscono il secondo piano della zona residenziale.

La prima stanza conserva ancora la traccia di un grande camino, ma non si ha certezza della sua funzione primaria.

É visibile, anche, l’affresco di una Madonna con bambino e Sant’Antonio Abate che fa presumere si tratti della Cappella privata dei Caetani. Si può ipotizzare che la stanza contigua fosse una camera da letto.

All’interno dell’ultima si narra la storia dell’assassinio di Ippolito dé Medici ucciso nel 1535 all’interno del Castello.

Audioguida

GIULIA E IPPOLITO

Il Castello è stato testimone di storie d’amore e di tradimenti. In questo contesto si inserisce la figura della contessa Giulia Gonzaga, Contessa di Fondi, considerata tra le più belle donne del suo tempo e tra le più celebrate del Rinascimento.

Ludovico Ariosto ha resa eterna la sua bellezza nel 46° canto dell’ ORLANDO FURIOSO con questi versi:

Julia Gonzaga, che dovunque il piede
volge, e dovunque i sereni occhi gira,
non pur ogn’altra di beltá le cede,
ma, come scesa dal ciel dea, l’ammira.
La cognata è con lei, che di sua fede
non mosse mai, perché l’avesse in ira
Fortuna che la fé lungo contrasto…”

(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, XLVI, 8)

L’Ariosto nei suoi versi fa riferimento ai contrasti di Giulia con Isabella Colonna. Vediamo il perché di queste parole.

Giulia Gonzaga va in sposa solo quattordicenne al più maturo conte Vespasiano Colonna nel 1527. Vespasiano ha 46 anni, è descritto come «in cattive condizioni di salute, zoppo e monco» ed è vedovo con una figlia, Isabella. Durante un combattimento, Vespasiano è gravemente ferito e muore lasciando testamento. Nel testamento nomina erede universale sua moglie Giulia, purchè continui a mantenere il suo status di vedova, e lascia 30.000 ducati di terra alla figlia Isabella che avrebbe dovuto sposare Ippolito de’ Medici. Invece, Isabella sposa Luigi Gonzaga, fratello di Giulia luogotenente di Carlo V. Sembra sia stata proprio l’intercessione del re a far autorizzare il matrimonio di Isabella annullando il testamento di Vespasiano a favore del nipote Ippolito.

Il rancore tra le cognate è aggravato dal fatto che presto Isabella rimane vedova di Luigi che in punto di morte affida alla sorella Giulia il loro piccolo figliolo. Privata dei suoi più cari legami (morto il marito, allontanato il figlio, perdippiù senza l’eredità del padre), Isabella intraprende una lunga battaglia – anche legale – con la sua matrigna Giulia.

In questo scenario si inserisce la figura di Ippolito de’Medici. Ippolito vive a Roma allevato dallo zio, Papa Leone X, fin dal 1516. Appena diciottenne, Ippolito de’ Medici è nominato cardinale dal nuovo papa Clemente VII, anch’egli appartenente alla famiglia de’Medici.

Ippolito è descritto come un giovane scapestrato, una persona ambiziosa, avida di potere, con «leggerezza di cervello», che conduce una vita fastosa e piena di distrazioni.

In realtà, è un uomo affascinante e colto, che si circonda di artisti e letterati e contempla il suo grande amore, Giulia Gonzaga, con la quale scambia fitta corrispondenza.

Ci sono concrete testimonianze di questa passione.

Ippolito fa omaggio a Giulia di una sua traduzione in italiano in versi sciolti del II libro dell’Eneide. Il dono è accompagnato da una lettera nella quale assimila le sue pene d’amore a quanto era avvenuto con l’incendio di Troia: “…non trovando io alla pena mia altro rimedio, volsi l’animo a l’incendio di Troia e misurarlo con quello il mio … onde lo mando a voi, acciocché egli per vera simiglianza vi mostri gli affanni miei, poi che né i sospiri né le lagrime, né il dolor mio ve l’han potuto mostrare giammai”.

Nel 1532 Ippolito incarica Sebastiano dal Monte di ritrarre donna Giulia e il Vasari giudica quel ritratto “una pittura divina”. Putroppo questo quadro non ci è giunto e sembra che nessuno dei tanti ritratti riferiti a Giulia Gonzaga sia veritiero.

È a Giulia che si rivolgono tutti coloro che vogliono ricevere grazie e favori dal cardinale.

Il legame tra i due, però, non verrà mai suggellato.

La carica cardinalizia di Ippolito non obbliga ai voti di castità, ma vieta il matrimonio. Se, da un lato, la nomina garantisce considerevoli rendite, dall’altro, impedisce al cardinale di legarsi a Giulia, che mai potrebbe accettare di vivere una relazione non ufficiale.

Probabilmente questa scelta della contessa, oltre alla sua stretta osservanza dei principi cattolici, è condizionata anche dagli obblighi di vedovanza previsti dal testamento che le impediscono di cedere alle lusinghe di Ippolito.

Giulia, infatti, mantiene sempre un rapporto platonico, basato sulla condivisione della passione per la poesia e la letteratura. Un affetto che dura fino alla morte di Ippolito.

Il cardinale de’Medici si trova proprio a Itri e fa visite a Giulia quando nell’agosto del 1535, appena ventiquattrenne, muore misteriosamente.

Il cardinale è di passaggio a Itri diretto a Tunisi per incontrare l’imperatore Carlo V e denunciare i gravi abusi del cugino, il duca Alessandro de’ Medici, a Firenze ed ottenere di sostituirlo.

Il 2 agosto Ippolito è colpito da un’indisposizione, forse giustificata dallo stile di vita che conduce o probabilmentee attribuibile alla malaria che in quella stagione infesta la zona. Qualche giorno dopo, il 6 agosto, facilitato da questo malore che ancora lo costringe a letto, il servo Giovanni Andrea de Francisci da Borgo San Sepolcro lo avvelena.

Viene chiesto un antidoto al papa Paolo III che non risponde alla richiesta. Del resto, la morte del cardinale avrebbe favorito i suoi nipoti nell’ereditare i benefici ecclesistici del cardinale. Strano anche che l’avvelenatore è condotto a Castel Sant’Angelo dove nega ogni sua dichiarazione precedente e nulla si sa di un eventuale interrogatorio nè di processi. Giovanni Andrea è rilasciato libero senza alcuna pena.

Giulia Gonzaga giunge subito presso la residenza di Ippolito al convento di San Francesco di Itri per accudirlo e assiste alla sua morte per «una piccolissima e lenta febbre » il 10 agosto. I presenti testimoniano che «gli fu men dura la morte per esser vicino a Donna Giulia, la quale gli usò assai virtuose cortesie».

Si sospetta che il servo sia stato corrotto proprio da Alessandro che ha ordito il piano dell’assassinio di Ippolito de’Medici. L’avvelenamento avviene tramite una minestra in brodo di carne di pollo ed è proprio il cardinale ad accusare il suo servo di avvelenamento anche se non mancano tesi alternative. Giovanni Andrea è immediatamente arrestato e fatto rinchiudere nel castello di Itri dove viene sottoposto a torture. Ci sono verbali che ne riportano la deposizione così estorta.

Quattro mesi dopo la morte del cardinale Ippolito, Giulia Gonzaga abbandona il suo feudo per recarsi a Napoli, dove muore il 16 aprile del 1566.

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